Gaetano De Leo e Patrizia Patrizi considerano la devianza un processo anziché un semplice prodotto di cause e fattori antecedenti. E’ un percorso attivo e costruttivo, che si sviluppa creando connessioni multidirezionali fra le dimensioni caratteristiche di ogni singola fase.
Il primo snodo è quello degli Antecedenti Storici (A), che fa riferimento alle problematiche pregresse del soggetto, eventuali deprivazioni, aspetti intrinseci di ordine familiare e specifiche dinamiche interattive e valoriali maturate in seguito a socializzazione. Sono aspetti che non causano la devianza attraverso un’ottica lineare ma possono essere considerati degli indicatori di rischio aspecifici sui quali è possibile intervenire precocemente affinché si riduca, in termini probabilistici, il loro impatto negativo.
La seconda fase è quella della Crisi (B) in cui le esigenze individuali di sviluppo, le condizioni esterne di sfida, le competenze soggettive, familiari e sociali nel far fronte ai cambiamenti risultano in disequilibrio. E’ questo il momento più drammatico in cui i rischi aspecifici indicati in A possono acquisire una specificità maggiormente diretta verso esiti devianti. Nell’ambito della Crisi è possibile individuare due dimensioni specifiche: l’Inizio – prima devianza agita (B1) e la Prosecuzione – l’esercizio nella devianza (B2). In B1 l’agire nasce dall’incontro fra situazioni che si rendono disponibili e disponibilità dell’attore sociale ad accoglierle, in virtù dei vantaggi strumentali raggiungibili. Il comportamento deviante è qui caratterizzato da situazionalità e occasionalità ma è anche e soprattutto un atto comunicativo costituito da messaggi che l’autore rivolge a se stesso, agli altri significativi, al sistema delle regole e alla prospettiva di cambiamento anticipata, un discorso sulle incoerenze personali (e sociali) e sulla ricerca di un equilibrio. In B2 il soggetto si confronta quindi con la possibilità di scoprire nella devianza un ambito di gestione delle difficoltà e di esperienza di autoefficacia, maturando forme di disimpegno sociale specificamente progettate per confrontarsi da un lato con le conseguenze pubbliche della devianza (per aver disatteso le aspettative sociali) e dall’altro con la definizione di nuove opportunità di affermazione di sé.
La terza fase è quella della Stabilizzazione (C). E’ il momento in cui è più probabile che il comportamento deviante diventi uno stile caratterizzato da valori e significati che contaminano i criteri interpretativi e di azione della realtà sociale, precludendo occasioni e percorsi percorribili di tipo legittimo. La sottofase C1 è quella del Consolidamento, in cui ci si riconosce devianti. L’individuo sperimenta con successo la trasgressione, accetta e attua una riorganizzazione del Sé e delle proprie caratteristiche psicosociali intorno al ruolo deviante. L’identità si adegua quindi al comportamento, si perdono di vista le ragioni (obiettivi e direzioni del soggetto) riducendo l’intera processualità del percorso a un breve elenco di cause inerenti a ciò che non ha funzionato nella propria vita.